Una telefonata dall’Umbria, un amico preoccupato che da settimane vive in una sorta di incubo, diviso tra il dovere di salvaguardare il diritto alla salute della moglie e il dovere di tutelare il diritto allo studio dei figli, da mesi in bilico tra “didattica in presenza e “didattica a distanza”. Sì, perché Anna, nome di fantasia, appartiene a quella categoria degli “estremamente vulnerabili” considerata anche dal Ministero della Salute.
Questa è solo una delle tante storie di famiglie trascurate o dimenticate in questi tempi di Covid-19.
Tutto inizia nel novembre 2020, quando, a seguito della denuncia di oltre 6.000 famiglie sostenute da associazioni per le malattie croniche e rare, il Sole24ore pubblica un articolo di Manuela Perrone che così recita: “Scuola, nessun diritto alla Dad se è il genitore a essere «fragile»“.
E dire che il 9 settembre 2020, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione aveva già sollevato il problema affermando: “Il CSPI suggerisce, infine, all’Amministrazione di prendere in considerazione anche il caso di alunni che convivono con soggetti affetti da gravi patologie o immunodepressi, evidenziando la necessità del coinvolgimento del Dipartimento di Prevenzione”.
Eppure nulla, sino a che il 18 novembre, a seguito di una interrogazione parlamentare a firma Fioramonti, Cecconi, Frate, il MIUR pubblica sul proprio sito una FAQ con la quale si prendeva atto del problema.
“È possibile richiedere l’attivazione della didattica a distanza se nel nucleo familiare c’è una persona fragile diversa dall’alunno?” La risposta, puro bizantinismo sintattico, risulta cavillosa e in contraddizione con la realtà di tutti i giorni, soprattutto quando in gioco è la salute e il benessere dei nostri cari, specialmente dei più fragili.
Nel frattempo molto è cambiato nella lotta contro la pandemia: la classificazione delle zone per numero di contagi, la Campagna vaccinale, la terza ondata e le tante varianti del virus e ancora non si percepisca la necessità e l’urgenza di chiarire, precisare e aggiornare il testo della Faq.
Sì, perché la nostra parla genericamente di “responsabilità di proteggere il convivente fragile dell’alunno”, senza però entrare nel merito di quali soggetti possano rientrare in questa “categoria”, per altro superata nel momento in cui il Ministero della Salute parla oggi di soggetti ad “elevata fragilità”, contemplando all’interno di questa categoria sia gli estremamente vulnerabili, che i portatori di disabilità gravi ai sensi della legge 104/1992 art.3 comma 3.
Un modo elegante per demandare e scaricare ancora una volta la responsabilità di dare risposte ai bisogni delle famiglie e degli alunni, alle istituzioni scolastiche locali, ai dirigenti e al personale della scuola alle prese quotidianamente con una infinità di problemi organizzativi e burocratici, oltre la cronica mancanza di risorse umane e materiali.
Le famiglie e la scuola hanno bisogno di riferimenti normativi chiari semplici e non da interpretare o aggirare, per permettere ai primi di esercitare il proprio diritto e dovere costituzionale alla libertà di scelta educativa e ai secondi di poter dare risposte adeguate e coerenti a tale bisogno nel pieno rispetto della tanto auspicata autonomia scolastica.