Caro Avvenire ti scrivo…

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Sabato 12 gennaio su Avvenire un articolo a firma di Luciano Moia commentava la sentenza della cassazione relativa alla dicitura “padre” e “madre” sulla carta di identità. Come associazione ci siamo sentiti presi in causa da certe affermazioni del giornalista. Qui la nostra lettera al direttore in risposta.

Gentile direttore,

Le scrivo in merito all’articolo dal titolo “Sui documenti solo “genitori”? Un assist per l’educazione all’affettività”, di Luciano Moia, comparso sabato 12 aprile sul suo giornale, quello che dovrebbe essere un “quotidiano dei vescovi”.

Come associazione di genitori ci siamo sentiti presi in causa dall’articolo spiccatamente denigratorio di associazioni come la nostra, che difendono la priorità educativa dei genitori dai tentativi di “colonizzazione ideologica” (come definita dallo stesso Papa Francesco) e la sana antropologia che è sempre stata anche quella della Chiesa: figli che nascono da un padre ed una madre, maschio e femmina, e che non si possono vendere per dare figli a tutti i costi a chi “li vuole”.

L’articolo risulta denigratorio in quanto dice che “rifiutiamo la realtà”, che il nostro comportamento è “perseverazione”, definita comportamento psicotico e insistente in maniera “patologica”.

L’articolo è anche fuorviante, in quanto fa appello al n.250 di Amoris Laetitia in cui si richiama all’accoglienza delle persone “indipendentemente dal proprio orientamento sessuale”, cosa che in realtà nessuno ha mai negato, anche se a qualcuno fa più comodo dire il contrario. E’ fuorviante in quanto non menziona l’articolo seguente, il n.251, dove si ribadisce che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”; o il n.56 che critica fortemente la teoria gender affermando, tra l’altro che “nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. […] e svuota la base antropologica della famiglia”, ritenendo “inquietante” che queste ideologie “cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini”. Ignora inoltre importanti affermazioni di papa Francesco che ha definito l’ideologia gender come “colonizzazione ideologica” o “sbaglio della mente umana”.

Non si capisce in quale modo invece Moia riesca a prendere spunto da una sentenza della Cassazione che invece si basa proprio su una negazione della realtà della paternità e maternità (tra parentesi, se non è corretto chiamare due uomini uno “padre” e l’altro “madre”, non è nemmeno corretto chiamarli “genitori”, in quanto “colui che genera” dei due può essere stato solo uno) per rilanciare l’educazione all’affettività a scuola.

Noi come associazione genitori ci opponiamo non ad una tale educazione, ma all’obbligatorietà della stessa, perchè siamo consapevoli che la maggior parte delle proposte in merito sarebbe propedeutica a veicolare una sessualità che non condividiamo, tra cui la teoria gender, attualmente spinta, sostenuta e sovvenzionata anche da molte amministrazioni locali. Non vogliamo che la scuola diventi un territorio di colonizzazione ideologica (cit. sempre di papa Francesco).

Noi ribadiamo con forza che i genitori devono essere liberi di decidere se e quale tipo di educazione sessuale far frequentare ai propri figli. Liberi soprattutto di rifiutarla se non rispecchia le loro idee culturali, filosofiche, religiose, come stabilito anche dall’art.26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, e non accettiamo di essere etichettati come “psicotici”, “patologici” o che “rifiutiamo la realtà”, realtà che è sempre e resterà sempre maschile e femminile, indipendentemente dall’autopercezione di chiunque (l’autopercezione questa si, è per definizione una negazione della realtà).

Crediamo che il “giornale dei vescovi” debba delle scuse a tanti genitori che in questi anni stanno lottando per difendere la famiglia, i bambini, e la propria libertà educativa dalla colonizzazione ideologica e dal pensiero unico, osteggiati da buona parte politica e spesso ignorati dall’altra, difesi da pochi o nessuno, a quanto pare neanche da questo giornale.

Cordiali saluti

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