Primo spunto. Come già fatto, invitiamo calorosamente i genitori a monitorare con attenzione le attività cui saranno sottoposti gli studenti, interfacciandosi con la scuola con toni sereni ma fermi ed assertivi, dato che la legge è dalla nostra parte. Più sotto, riprendendo l’iniziativa dell’Avvocato Panunzio, potrete trovare il riferimento ad un documento di consenso (realizzato ad hoc per questa settimana) da consegnare al dirigente scolastico.
Da un lato vediamo che il MIUR cerca di dare rassicurazioni e lascia intendere che, pur non avendo il controllo dell’UNAR (che dipende dal governo) non lascerà correre nuove situazioni sulla falsa riga dei fatti inaccettabili già visti in passato.
Dall’altro lato però l’UNAR e Re.A.DY (con il MIUR stesso!) convocano i dirigenti scolastici di tutta Italia per una due giorni a Roma (26 e 27 novembre) al fine di “iniziarli” alla dottrina gender. Ecco servite le lezioni di ridefinizione del linguaggio, le buone pratiche redatte unicamente da associazioni di parte e così via, alla faccia delle rassicurazioni di oggi e del recente passato.
E allora: terzo spunto. In un contesto fatto di pressioni dall’Europa, di discutibili sovvenzioni in Italia e di confusione generalizzata, oggi più che in passato, i genitori sono chiamati a prendere responsabilmente in mano le redini dell’educazione dei figli, senza pensare di poter lasciare sparse in giro deleghe in bianco per chi li può/deve sostituire; questo consiglio che vogliamo dare è quindi per certi versi più di natura “strutturale” e probabilmente per molti (anche per noi) richiede un cambio di approccio nel rapporto con i nostri figli. Cosa intendiamo dire? Vogliamo semplicemente sottolineare che noi genitori dobbiamo crescere nel nostro ruolo e nella nostra presenza, dobbiamo prendere in mano il coraggio per affrontare apertamente con i figli anche i discorsi più delicati o le tematiche che ci possono intimorire o che rischiano di farci perdere la faccia; ci costerà per il fatto che dovremo prepararci, ci spaventerà per il fatto che poi forse non saremo neppure esattamente all’altezza (quanto ne guadagnerà comunque la relazione con i nostri figli?), ma dobbiamo entrare nell’ottica che questo va fatto, perché altrimenti lo farà qualcuno al posto nostro.
E ancora: quarto spunto. A chi ci sta chiedendo se in questa settimana è opportuno tenere a casa i ragazzi da scuola, rispondiamo che non esiste una ricetta unica, per cui suggeriamo di “scendere in campo” e di iniziare a sporcarsi la mani con questa faccenda, al fine di poter maturare la sensibilità che consente di verificare caso per caso a seconda dell’iniziativa scolastica, dell’età e della fragilità del figlio/a. Quindi non suggeriamo di far partecipare o di non far partecipare i figli alle lezioni, ma suggeriamo di parlare ai nostri figli! Mettiamoli in guardia sugli aspetti educativi che più ci lasciano interdetti e chiediamo ai ragazzi di essere puntuali nel resoconto delle lezioni (anche se, conoscendo i nostri figli, questo può sembrare un’utopia…)
Se avrete segnalazioni da farci, sarà nostra cura girarle al MIUR per agevolare l’obiettivo di controllo che il Ministero si è posto.
Per approfondire: riportiamo dal blog di Costanza Miriano e mettiamo a disposizione il Documento di consenso informato per la settimana contro la violenza e la discriminazione. (*) il documento è stato sostituito con una nuova versione del modulo di Consenso Informato
Responsabili dell’educazione dei nostri figli: per inviare alla Scuola una “richiesta di consenso informato” via PEC
L’Avvocato Edoardo Panunzio ha raccolto l’iniziativa del Comitato Articolo 26 e della Manif pour tous Italia circa la “Settimana nazionale contro la violenza e la discriminazione” (vedi l’articolo di Costanza Signorelli): nel suo duplice ruolo di avvocato e di genitore di figli in età scolare, Panunzio ha voluto rivedere un modello di “consenso informato” mettendolo a disposizione di quanti volessero farne uso, offrendosi in più anche per il servizio (gratuito) di comunicazione dei modelli alle Scuole tramite la sua PEC professionale. Di seguito riportiamo la sua lettera.
Carissimi,
come abbiamo potuto imparare negli ultimi giorni (e senza grande preavviso), da oggi e per l’intera settimana tutte le scuole d’Italia ospiteranno eventi “educativi” riguardanti la “Settimana nazionale contro la violenza e la discriminazione”. Il problema di queste “manifestazioni formative” è che… nessuno sa di cosa si tratti!
Si sa solo che si potrà parlare di gender, orientamento sessuale, omosessualità… ma in che modo? Con quale materiale didattico?
Sul punto, la circolare ministeriale (che tutti possono trovare qui) è molto vaga.
Insomma, non sappiamo cosa verrà detto a scuola ai nostri figli, da oggi e per tutta la settimana.
Qui non si parla più di istruzione, ma di educazione. Un compito che spetta a noi genitori, non alla scuola. E che perciò la scuola non può e non deve sottrarci.
Un compito che ciascun genitore è libero di assolvere secondo le proprie convinzioni, come dice la Convenzione Europea sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali.
Dunque:
Che cosa è il documento allegato?
È una dichiarazione con la quale il genitore chiede alla scuola di essere informato su quali “percorsi formativi” verranno fatti, e di sapere in dettaglio cosa si dirà ai nostri figli, con quali materiali (faranno veder loro dei film? leggere libri? verrà uno psicologo? ecc…), e comunica alla scuola che, se non verrà preventivamente informato, non intende dare il consenso a che lo Stato si sostituisca al genitore nell’educare il proprio figlio.
È legittimo essere informati prima?
Certo che sì! Tant’è che ciascuna scuola deve sottoporre al genitore il POF (Piano dell’Offerta Formativa) nel quale comunica al genitore quali sono gli obiettivi didattici, i libri utilizzati, le linee giuda, ecc… Perché ci comunicano prima come insegneranno Storia ai nostri figli, ma non come insegneranno cosa è la discriminazione e l’orientamento sessuale?
Come “si usa”?
Va semplicemente compilato, indicando l’Istituto al quale vanno i nostri figli, i nostri dati (nome e cognome, data e luogo di nascita, residenza), e firmato. Poi va consegnato alla Segreteria dell’Istituto, o spedito alla stessa a mezzo posta raccomandata (magari raccomandata1, che viene consegnata entro 24 ore, sennò arriva che la settimana è già finita…).
Si può usare anche la pec (posta elettronica certificata): ciascuna Amministrazione Pubblica deve averne una, quindi ce l’ha ogni scuola, per legge. Se siete in possesso di una pec, potete inviarlo alla pec della scuola: ha lo stesso valore di una raccomandata.
Ma io non ho tempo di andare a scuola o alla posta lunedì mattina!
Ok, allora puoi compilare e firmare il modello, e mandarmelo a: edoardopanunzio@gmail.com, in allegato ad unaemail nella quale mi autorizzi ad inviarlo alla scuola di tuo figlio, indicandomi città e nome dell’Istituto scolastico (e se puoi anche l’indirizzo pec). Lo manderò io lunedì mattina, tramite la mia pec (faccio l’avvocato, e quindi come ogni avvocato ho una pec), alla pec dell’Istituto scolastico. L’Istituto, naturalmente, comunicherà con te, io non avrò nessun’altra comunicazione con la scuola. Sarò semplicemente “l’ufficio postale” che ti eviterà la fila in segreteria o alla posta. Non ti costerà nulla.
E poi?
E poi la scuola dovrà comunicare a te genitore cosa farà in questa settimana con tuo figlio. Dopo questa comunicazione, potrai scegliere se acconsentire o no, così come chiedono il tuo consenso a che tuo figlio partecipi ad una gita, potendo tu liberamente dire di sì come di no.
Ma perché dovrei farlo?
La domanda è un’altra: perché la Scuola ti informa per filo e per segno su cosa insegna nell’ora di matematica a tuo figlio, e invece non ti dice nulla su come educa tuo figlio su questi argomenti?
Siccome i documenti ufficiali emessi dal MiUR sono ad ogni evidenza poco chiari, allora io genitore cerco di fare chiarezza: non manderò mio figlio in un posto dove non so cosa si faccia.