DIARIO DI BORDO – la nuova rubrica di Articolo 26 – vuole essere uno spazio di esperienze e riflessioni su come famiglia e scuola si incontrano/confrontano in questo tempo. Oggi vi propone la bella esperienza di una Mamma Articolo26 Veneto
Sto festeggiando il primo compleanno del mio quarto figlio. E’ domenica 23 Febbraio e arriva la notizia che le scuole saranno chiuse fino al primo marzo: in Veneto ci sono troppi casi di Coronavirus e bisogna essere cauti.
Non siamo preoccupati ma non potendo tornare a scuola dopo il ponte di carnevale, i bambini avrebbero saltato le giornate dello sport. Poi però il 1° di marzo non si torna a scuola: ci dicono anzi che saranno chiuse fino al 15. Inizia ad esserci un po’ di preoccupazione generale.
Come rappresentante di classe, raccolgo le preoccupazioni dei genitori e delle insegnanti, le quali a questo punto iniziano a mandarmi qualche compitino da girare alle famiglie, per non far perdere l’allenamento ai bambini. E qui iniziano i problemi: le famiglie non hanno il materiale. I bambini del tempo pieno lasciano sempre quasi tutto a scuola: nessuno prevedeva certo una chiusura così prolungata!
Il dirigente acconsente a farci riprendere libri e quaderni nel rispetto delle norme di sicurezza: può entrare una sola persona e bisogna evitare assembramenti. E’ meraviglioso vedere la referente di plesso, munita di carrello della mensa, recuperare il materiale per tutte e cinque le classi per consegnarlo ai rappresentanti di ogni classe. I genitori non possono esserci: ognuno prenderà il materiale dal proprio rappresentante di classe.
Ma ecco che subentra un’altra difficoltà: il 7 marzo tutta la provincia di Treviso diventa zona rossa, gli spostamenti iniziano a essere controllati, non si può uscire dalla provincia e il nostro comune è al confine con il Friuli Venezia Giulia, con numerosi studenti vengono da fuori regione!
Eppure le cose sono destinate a peggiorare: il 9 marzo la zona rossa è estesa a tutta Italia e viene comunicata la chiusura totale fino al 3 aprile ma la scuola non ha ancora disposto una piattaforma per la didattica a distanza! Ora più che mai i rappresentanti hanno un ruolo fondamentale.
E le famiglie? Come viviamo tutto questo?
In molti non siamo attrezzati con dispositivi elettronici (pc e tablet sufficienti, stampante) e/o non abbiamo rete internet di casa. Dobbiamo ancora lavorare e i bambini passano la giornata con i nonni che non hanno la possibilità di far fare loro i compiti, che ci ritroviamo alle 8 di sera! Oppure se siamo a casa per lavorare in smart working non riusciamo a seguirli adeguatamente, a gestire tempi e luoghi, continue occasioni di distrazione, disponibilità di linea ecc…
Dal canto loro anche le maestre esprimono le loro preoccupazioni e le loro esigenze: per i bambini più fragili, o per gli stranieri che stanno solo ora imparando a scrivere e a leggere. C’è disorientamento, non hanno la percezione se i genitori riescono a seguire o se sono in affanno.
In tutte queste difficoltà, troviamo la chiave di volta: una riunione di interclasse, rappresentanti e insegnanti in videoconferenza. E’ bellissimo vedere che anche le insegnanti meno tecnologiche si adoperano per essere istruite. Ognuno riporta le difficoltà raccolte e si cerca una strategia che possa andare incontro ai genitori più bisognosi, ma anche che permetta agli insegnanti di continuare la didattica, perché le indicazioni del ministero dicono chiaramente che non bisogna fermarsi alla mera distribuzione dei compiti.
I bisogni di tutti devono essere ascoltati, le preoccupazioni prese in considerazione, le difficoltà affrontate e possibilmente risolte insieme. Nessuno deve essere emarginato. Tutti dobbiamo sforzarci. Si procede a tentativi. Se non funziona si può tornare indietro e ricominciare. Il motivo è l’istruzione dei nostri figli e alunni!
In fin dei conti il coronavirus ci sta insegnando che è meglio procedere insieme, a piccoli passi ma insieme perché evidenzia le criticità – e le soluzioni – che già si intravedevano.
La scuola ha capito che senza l’aiuto delle famiglie non può andare avanti e che è necessario ascoltarsi e aiutarsi. Le famiglie hanno capito le fatiche che le insegnanti fanno a gestire classi di 20 alunni, tutti con le loro diversità.
Quando torneremo a uscire dalle nostre case, nelle nostre classi, potremo davvero dire che tutto è andato bene e che avremo imparato una lezione di vita importantissima: che tutto, anche le situazioni più brutte, concorrono al bene.
A volte qualcuno mi chiede chi me l’ha fatto fare, con un lavoro e 4 figli, di fare la rappresentante di classe. Ebbene io penso che mettere al mondo dei figli comporti anche occuparsene a tutto tondo, compreso partecipare alla loro vita scolastica. Non è un compito in più: fa parte della responsabilità educativa. E posso dire, al netto di tutte le difficoltà e delle fatiche, delle telefonate e dei messaggi con insegnanti e genitori che, in questi giorni, sono fiera dell’alleanza scuola famiglia che si sta costruendo, di mostrare ai miei figli che nella vita bisogna esserci sempre e insegnare con la vita cos’è la resilienza: l’affrontare le difficoltà e la solidarietà. I fatti valgono molto più di mille parole.
Come in montagna: che fatica arrivare al rifugio ma, quando saremo arrivati in cima, la fatica sarà dimenticata e potremo gustarci il panorama dicendo “Ce l’abbiamo fatta”! E come si sta bene quassù!
Poi inizia la discesa.
NOTA DELLA REDAZIONE
Articolo 26 sottolinea che in questo frangente la Didattica a distanza necessita – per essere ben attuata – dell’apporto delle famiglie, perciò è indispensabile che le scuole si attivino per convocare i CONSIGLI DI ISTITUTO E DI CLASSE AL COMPLETO, comprese cioè le componenti dei genitori e degli studenti.