di Gualtiero Raimondi Cominesi
È di queste ore la notizia pubblicata su diversi organi di stampa nazionali e non di Giada, una ragazza di 18 di Calolziocorte, in provincia di Lecco che rappresenterà tutti noi ai mondiali Special olympics di Torino del 2025.
“Una bella storia che però rischia di essere rovinata da cyberbulli che l’hanno presa di mira da quando pubblica i suoi video su TikTok” si legge sul sito dell’ANSA.
Ho conosciuto Elio, il papà di Giada, qualche anno fa quando con alcuni amici avevamo dato vita ad una serie di conferenze a livello territoriale su diversi temi educativi.
Una persona semplice, ma determinata, pronta ad andare fino in fondo e a sfidare il mondo per quella che allora era la sua “piccola” Giada, oggi una ragazza maggiorenne che ha saputo realizzare, come tanti altri suoi coetanei, la sua più grande aspirazione: ballare.
Siamo di fronte ad una notizia che lascia sgomenti, quasi increduli e che pone diversi interrogativi, se non fosse che, al di là delle emozioni e dei buoni sentimenti che tutti noi proviamo nei confronti di Giada e dei suoi genitori, siamo a nostra volta tutti potenziali “carnefici”.
Lo siamo in tutte quelle circostanze in cui, animati dalle più “nobili” intenzioni, escludiamo un nostro alunno da una “gita di classe”, piuttosto che da una iniziativa o da un progetto d’stituto, semplicemente perché si da per scontato che lui, il nostro alunno “difficile“, non sia in grado di capire o di partecipare. Lo siamo tutte le volte che mettiamo in atto le più articolate e fantasiose forme di esonero dalle attività della classe o del gruppo dei pari. Lo siamo tutte le volte in cui smettiamo di credere nei nostri alunni e nelle loro infinite modalità e possibilità di apprendere e, di conseguenza, realizzare i propri sogni.
GRC