Intervista di Articolo 26 a Miriam Incurvati, psicologa psicoterapeuta dell’età evolutiva, presidente di Aps Progetto Pioneer
Dopo due anni di pandemia che bilancio si può fare dell’impatto sugli adolescenti italiani dal punto di vista psicologico? Che dati abbiamo?
Oggi si parla, in modo piuttosto condiviso, di psicopandemia facendo riferimento al disagio che colpisce ogni fascia sociale a seguito della pandemia da Covid. Ansia, difficoltà relazionali, depressione, fobie, attacchi di panico sono aumentati esponenzialmente negli ultimi due anni. La gravità della situazione è testimoniata dalla crescita esponenziale delle richieste di aiuto psicologico e farmacologico.
In modo particolare si è evidenziato un enorme impatto sulle giovani generazioni. Oggi i bambini presentano un ampio spettro di problemi: dai disagi emotivi, alla difficoltà nella costruzione dell’immagine di sé e nella relazione con i pari. I minori esprimono alle volte ansia acuta, fobie, ritiro, disturbi del sonno o dell’alimentazione, che possono essere ricondotte al lockdown o semplicemente “innescate” dal nuovo stile di vita imposto dalla pandemia.
È rilevante evidenziare, inoltre, che danni significativi non sono soltanto sul piano psicologico ma si rispecchiano anche sul corpo dei nostri giovanissimi. Uno studio coordinato dall’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma mostra l’aumento dei casi di sviluppo puberale anticipato nelle bambine rispetto allo stesso periodo del 2019. Secondo gli esperti la maggiore sedentarietà, lo stress causato dall’isolamento e un eccessivo utilizzo dei dispositivi tecnologici potrebbero essere alla base di questo fenomeno che riguarda soprattutto le bambine con un’età media intorno ai 7 anni(1).
Possiamo provare a leggere questo fenomeno alla luce dell’approccio biopsicosociale: ogni evento che coinvolge la natura umana va osservato tenendo conto della sua duplice dimensione mente e corpo(2).
Infine, non solo i giovani sono stati colpiti dalla pandemia. Piuttosto evidenti sono le manifestazioni di sofferenza dei genitori. I caregiver stanno superando la soglia della fatica e dello stress genitoriale. In un articolo americano vengono riportati i seguenti dati: il 70% delle madri e il 54% dei padri dichiarano di essere sopraffatti dallo stress; un genitore su due si sente depresso e impotente; il 15% delle madri e il 25% dei padri dichiarano di non riuscire a dormire adeguatamente dal dilagare della pandemia.
Lockdown, limitazioni, mascherine, distanziamento sociale… In che modo possono costituire dei rischi per la salute psichica dei giovani? Quali effetti si possono ipotizzare (nel breve o lungo termine)?
Giancarlo Marenco afferma: “C’è un’emergenza legata alla pandemia, è indubbio. C’è una sofferenza psicologica diffusa …. La psicopandemia ha inciso senz’altro più sui giovani. Questo perché il bisogno di socialità, di stare insieme, non può essere limitato a dietro uno schermo, per quanto le tecnologie siano importanti e i giovani sappiano creare relazioni persino attraverso i videogame. La Dad non implica solitudine se è limitata nel tempo, ma alla lunga comporta una perdita di contatto, danneggia le relazioni e crea disparità sociale“.
Il contributo del presidente dell’Ordine degli psicologi del Piemonte (8400 iscritti) ci aiuta a focalizzare come il prolungarsi dello stato pandemico possa generare ulteriori problematiche.
Anche Cantelmi e Lambiase scrivono, sulla rivista Modelli della Mente, già dopo i primi sei mesi di pandemia: “I bambini possono provare ansia, angoscia, isolamento sociale e un ambiente violento che può avere effetti a breve o lungo termine sulla loro salute mentale. Alcuni cambiamenti comuni nel comportamento dei bambini possono essere (Liu et al., 2020): difficoltà di concentrazione e attenzione; cambiamenti nelle abitudini alimentari; pianto eccessivo e comportamento fastidioso; aumento della tristezza, depressione o preoccupazione; mal di testa e dolore inattesi in tutto il corpo; cambiamenti o evitamento di attività di cui godevano in passato.”
Dopo il Covid, un ragazzo su 4 ha sintomi clinici da depressione, uno su 5 ha disturbi d’ansia: il doppio rispetto a prima della pandemia. Lo rivela un’ampia metanalisi appena pubblicata su Jama Pediatrics che ha incluso 29 studi condotti su oltre 80mila giovani. A rischio soprattutto i ragazzi più grandi. La situazione è preoccupante perché, spiegano gli specialisti, potrebbe avere conseguenze negative sul lungo periodo: è stato infatti dimostrato che soffrire di depressione durante l’infanzia e l’adolescenza si associa da adulti a una salute peggiore – non solo mentale – e a maggiori difficoltà nelle relazioni e nella vita in generale.
Allo stato attuale esiste una copiosa bibliografia che ci informa sulle possibili conseguenze negative di questa situazione.
In particolare che ruolo può avere la chiusura prolungata delle scuole e la discontinuità didattica che si è avuta in Italia? Quanto conta la privazione di una relazione educativa reale con i docenti e i compagni?
Il lockdown e la didattica a distanza vissuti durante l’epidemia da Covid hanno lasciato conseguenze nei bambini e negli adolescenti. E’ quanto emerge dall’esperienza del Polo Zero-17 Fatebenefratelli a Cernusco sul Naviglio che tratta i disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza. Il 30% dei casi da loro trattati sarebbero proprio conseguenza della pandemia che ha cambiato gli stili di vita delle famiglie.
Inoltre, possiamo tranquillamente far riferimento alle difficoltà ancora presenti nella didattica e nella partecipazione alle attività scolastiche. Molte cattedre sono ancora senza un insegnante fisso, alcuni docenti non sono più tornati a scuola a causa dell’impossibilità o scelta di non fare il vaccino. Una simile discontinuità ha creato dei danni anche dal punto di vista didattico, con una conseguente esplosione di disturbi dell’apprendimento.
Un fenomeno altrettanto rilevante risulta essere quello dei più grandi: adolescenti con attacchi di panico di fronte allo schermo durante la Dad. Il fenomeno della dispersione scolastica, già presente in passato, ora assume un’incidenza rilevante. Tornare a confrontarsi con il gruppo classe, alzarsi ogni mattina, uscire dal proprio letto, prendere i mezzi pubblici (percepiti sempre di meno come luoghi sicuri), relazionarsi con un docente che ti dà regole ed esige da te una preparazione. Tutto questo, dopo anni di isolamento, ai nostri ragazzi sembra meno tollerabile.
Quali fenomeni comportano oggi i maggiori fattori di rischio? Quali sono attualmente i maggiori fattori di stress e di rischio per i bambini più piccoli?
Oltre alla DAD, argomento già approfondito, un problema che si è registrato in questo secondo anno di pandemia per i piccoli è stato poi il moltiplicarsi dei tempi di quarantena per un caso di positività in classe. Per settimane si è assistito a bambini in isolamento, nonostante fossero già stati in casa per giorni a causa del loro contagio da Covid. Non a caso le disposizioni di febbraio 2022 hanno rivisto ulteriormente i protocolli di Dad e rientro a scuola per tutte le fasce di età.
Un’ulteriore area fortemente provata dalla pandemia è quella dello sport. I giovani atleti, provati inizialmente dalle restrizioni comuni a tutta la popolazione italiana, sono stati poi uno dei primi gruppi sociali a vivere una profonda spaccatura tra vaccinati e non.
La gestione dei vaccini per i minori è un tema estremamente controverso. Senza entrare nel merito delle scelte dei rispettivi genitori, si è di fatto creata una voragine che esclude i non vaccinati dalle attività sportive. A gennaio 2022(3) tremila genitori di atleti italiani hanno inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica, e a varie Istituzioni italiane ed internazionali e a tutte le federazioni sportive italiane, richiamando l’attenzione sulla condizione dei propri figli minorenni che non possono più partecipare alle attività sportive. O perché con Green Pass da vaccinazione in scadenza o perché non vaccinati, per motivi di varia natura. Questa situazione richiede attenzione e di aprire una riflessione.
Il primo lockdown ci ha chiaramente evidenziato la necessità, soprattutto dei giovani, di continuare a fare sport, il bisogno fondamentale di praticare attività fisica all’aria aperta e con i coetanei. Al riguardo, in più di un autorevole studio nazionale, come il Dossier “adolescenti in lockdown”, a cura del Centro Clinico di Psicologia di Monza e lo Studio promosso dal Dipartimento di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Gaslini di Genova, si evidenzia che l’attività fisica e ludica, svolta insieme ai propri pari, è in grado di far produrre neurotrasmettitori benefici per la salute psico-fisica.
Allargando la visuale, credo si possa porre attenzione, in questa sede, anche alle dinamiche tra adulti e ragazzi scaturite dalla gestione dei vaccini per minori in alcuni istituti scolastici.
“Vi segnaliamo alcuni episodi e criticità emerse durante la gestione dello stato di emergenza che sta per concludersi. In breve:
Episodi di alunni rimasti a lungo ad aspettare il collegamento alle lezioni, invano. Trattamento differenziato degli alunni a seconda del loro stato vaccinale. Negazione dell’accesso alla didattica on line per i ragazzi non positivi ma in quarantena…
In qualche caso alcuni docenti si sono informati e hanno espresso commenti o pressioni sullo stato vaccinale degli alunni; la verifica dello strumento del green pass è avvenuto senza la discrezione che sarebbe stata necessaria, in alcuni casi da parte di personale non formalmente autorizzato al trattamento di dati sensibili, rendendo pubblica la condizione vaccinale degli alunni e delle alunne che, ricordiamo, costituisce un dato sensibile di minore e come tale andrebbe trattato.”
Qui abbiamo riportato qualche stralcio di una lettera scritta dai genitori di un istituto comprensivo della periferia romana. Pertanto, si sono vissute condizioni che potevano innescare distanze, esclusioni o invasioni della privacy.
(continua nella seconda parte) –>
(1) Lo stress potrebbe agire come fattore scatenante più potente sui neuroni che secernono GnRH nelle ragazze con ulteriori fattori di rischio, come uno stile di vita sedentario e un eccessivo uso di dispositivi elettronici già evidenti prima della pandemia . La verifica di questa ipotesi apre interessanti prospettive di sviluppo per la ricerca clinica nel campo della pubertà precoce dei prossimi anni». Potremmo presumere che una disregolazione dei neurotrasmettitori cerebrali indotta dallo stress sia alla base dell’aumento di nuovi casi di pubertà precoce osservati durante la pandemia.
Non è stato invece rilevato un aumento significativo dei casi nei maschi. Lo studio ha coinvolto i centri di Endocrinologia pediatrica dell’Ospedale Gaslini di Genova, del Policlinico Federico II di Napoli, dell’Ospedale Pediatrico Microcitemico di Cagliari e della Clinica Pediatrica Ospedale di Perugia. Confrontando le popolazioni del 2019 e del 2020 non sono state evidenziate differenze significative dei parametri clinici ed auxologici (ovvero peso, altezza, BMI cioè l’indice di massa corporeo, peso alla nascita, età di inizio dei sintomi). Gli esperti hanno invece rilevato un aumento significativo dei casi di pubertà precoce a rapida evoluzione, cioè di quelli che richiedono una specifica terapia farmacologica. Carla Bizzarri, coordinatrice dello studio insieme ad altri 4 Centri, afferma: «Sappiamo oggi che la secrezione dell’ormone ipotalamico che dà inizio allo sviluppo puberale (GnRH) è regolata a livello del cervello, ma i meccanismi responsabili non sono ancora completamente noti.
(2) In una simile prospettiva è possibile considerare la mente e il corpo come intrinsecamente collegati. Questo tipo di prospettiva favorisce l’interpretazione di fenomeni oggi molto attuali, ad esempio vediamo come lo stress possa ripercuotersi non solo sull’equilibrio psichico ma anche sul corpo, con il possibile sviluppo di patologie mediche. È per questo urgente avviare un processo di presa di cura di tutte le dimensioni della persona umana.
(3) https://www.lapressa.it/notiziario/sport/sport-vietato-a-12enni-senza-vaccinazione-appello-di-30mila-genitori