E’ partita in Friuli la prima raccolta firme regionale per sostenere “il primato educativo delle famiglie”.
Un esempio significativo di come i genitori italiani possono raccogliere “in positivo” l’attuale sfida educativa. Sul gender… e non solo.
Il 20 aprile è cominciata in Friuli Venezia Giulia, la prima raccolta firme regionale a sostegno della libertà di educazione dei genitori.
Un’iniziativa – che non ha bandiere ed è aperta a tutti i cittadini friulani – intrapresa da tutti quei genitori che quest’anno si sono trovati a fronteggiare uno strano divieto: quello di scegliere se far partecipare i propri figli ai progetti scolastici extra-curriculari.
Per comprendere meglio: in Friuli si può scegliere se far partecipare i propri figli a delle semplici uscite didattiche, anche a quelle che si concludono in una sola mattinata, ma non è possibile esprimersi altrettanto liberamente in merito all’adesione a progetti – presentati dagli stessi docenti o da associazioni esterne – che affrontino argomenti che non rientrano nelle materie curriculari, neanche se il progetto tratta temi sensibili che possono contrastare con le scelte culturali ed educative, filosofiche, religiose delle famiglie. E neanche se i genitori hanno in precedenza formalmente richiesto per iscritto di essere informati su progetti extracurricolari che affrontino proprio quegli argomenti, con tanto di protocollo e presentazione di normativa nazionale e internazionale a supporto di questo diritto fondamentale.
Questo “particolare” divieto è espresso in una circolare del 13 luglio 2015 emanata dall’Ufficio Scolastico Regionale (ex Provveditorato) del Friuli Venezia Giulia, duramente contestata nelle scuole e sui giornali locali e stigmatizzata, a livello nazionale, dai reclami presentati dal Comitato Difendiamo i Nostri Figli e dall’associazione Comitato Articolo 26.
Nella circolare si afferma, ad esempio, che per quanto riguarda «le attività realizzate in orario curricolare» la scuola può adottare programmi e metodi didattici «anche se questi non siano corrispondenti alle convinzioni dei genitori» e che «nei confronti di tali opzioni didattiche […] non è ammessa l’opposizione ovvero l’uso di una sorta di diritto di veto da parte dei singoli genitori». In virtù di tale affermazione, la circolare può così concludere che «non appare pertanto legittima la richiesta di previo rilascio di consenso da parte dei genitori in rapporto all’insegnamento di specifiche discipline o di parti di esse o allo svolgimento di attività didattiche programmate».
In ottemperanza a quanto stabilito da questo documento, negli ultimi mesi molte scuole della regione non hanno riconosciuto alle famiglie che lo hanno richiesto il diritto al “Consenso Informato Preventivo” in riferimento a diversi progetti extracurriculari che trattavano temi delicatissimi di educazione affettiva e sessuale, secondo modalità spesso non condivise dai genitori.
Nel merito facciamo solo poche, semplici osservazioni.
Prima di tutto, nella circolare citata non si specifica quali siano le «attività extracurriculari facoltative per le quali si prevede il consenso dei genitori per gli alunni minorenni». Se si allude alle attività previste in orario extra-scolastico, obiettiamo che l’orario scolastico viene definito dal Consiglio di Istituto in base al Piano dell’Offerta formativa. E non si vede come il Consiglio d’Istituto possa deliberare il PTOF prevedendo attività al di fuori dell’orario scolastico, dal momento che: «Tutte le attività organizzate dalle istituzioni scolastiche […] sono proprie della scuola; in particolare sono da considerare attività scolastiche a tutti gli effetti» (DL 567, art.1-bis)
Non si comprende poi come un’attività extracurricolare possa essere considerata alla stregua di un’attività curricolare semplicemente perché viene svolta durante il normale orario di lezione e non in orario pomeridiano: ciò non avviene con le uscite didattiche, le gare sportive ecc. che, pur svolgendosi nelle ore di lezione, sono e restano attività extracurricolari. Le discipline curricolari/obbligatorie, infatti, vanno intese come quelle definite nelle Indicazioni Nazionali: tutte le altre sono invece da considerare extracurricolari. La scelta dei contenuti di tali attività spetta sì alla Scuola, ma alla Scuola sempre intesa come «comunità di tutte le componenti: docenti, genitori e studenti, che decidono negli organi collegiali», i quali a loro volta, non possono stabilire programmi «contro il parere dei genitori».
Una simile decisione unilaterale andrebbe evidentemente contro l’articolo 30 della Costituzione, e si porrebbe in contrasto con la legge 107 sulla Buona Scuola e con il Regolamento dell’autonomia, in cui si ribadisce che nelle decisioni «si debba tener conto delle esigenze e delle richieste delle famiglie». Questa normativa, peraltro, è stata recentemente richiamata dalla circolare MIUR del 6 luglio 2015 in cui si specifica tra l’altro che «la partecipazione a tutte le attività extracurriculari (cioè quelle aggiuntive alle discipline curriculari obbligatorie) anch’esse inserite nel P.O.F., è per sua natura facoltativa e prevede la richiesta del consenso dei genitori per gli studenti minorenni o degli stessi, se maggiorenni, che, in caso di non accettazione, possono astenersi dalla frequenza».
Da ultimo: i genitori che oggi promuovono questa iniziativa non hanno posto né intendono porre veti su alcun progetto didattico, che sia stato proposto nelle scuole regionali.
Essi chiedono invece, com’è loro diritto, di poter essere opportunamente informati e di esprimere o meno il proprio consenso alla partecipazione dei propri figli a qualsiasi progetto di attività extracurricolare, nel rispetto della libertà educativa di tutte le famiglie.
A tutt’oggi infatti non sono stati forniti chiarimenti soddisfacenti in merito alla circolare regionale né si è fatto alcunché per spiegare come la normativa del Friuli Venezia Giulia si possa allineare a tutta quella vigente a livello nazionale. Si vedano, ad esempio, le Linee di indirizzo del MIUR “Partecipazione dei genitori e corresponsabilità educativa” promulgate con la nota ministeriale AOODPIT, prot.n.0003214 del 22 novembre 2012: “ il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della ricerca intende promuovere e riaffermare il ruolo delle famiglie nella formulazione di proposte, nelle scelte di talune attività formative e in altri aspetti che riguardano i percorsi educativi nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado” .
In compenso, questo provvedimento regionale ha sollecitato una generale assunzione di responsabilità da parte dei genitori e delle famiglie e ha suscitato l’interesse di gran parte della popolazione, animata dalla ferma volontà di far valere i diritti e i doveri dei genitori sanciti dalla Costituzione, che all’art. 30 recita: «È diritto e dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i propri figli».
È nata così la raccolta firme promossa dalle associazioni di genitori “Comitato Articolo 26 – sez. Trieste”, “Associazione Nazionale Famiglie Numerose Friuli Venezia Giulia” e “Comitato Genitori Pordenone”. Lo scopo di questa iniziativa è chiedere un pronunciamento ufficiale all’Ufficio Scolastico Regionale e al MIUR, ribadire che i progetti extracurriculari, svolti durante l’orario scolastico mattutino o al di fuori di esso, proprio in quanto esulano dalle materie di insegnamento obbligatorie, devono essere sottoposti alla libera adesione delle famiglie, in particolar modo quando trattano di temi educativi sensibili (come ad esempio l’educazione affettiva) il cui primato spetta alle famiglie.
Una questione, questa del riconoscimento del Consenso Informato Preventivo, che non riguarda certo solo le scuole del Friuli, ma che in questi mesi è emersa, grazie alle segnalazioni giunte a tante associazioni di genitori, come un aspetto cruciale della libertà educativa dei genitori di tutta Italia.
Questione gravissima ed urgente, se lo stesso Ministro dell’Istruzione solo ad ottobre scorso ha affermato in parlamento interpellata su questi casi (Question Time del 28/10/2015) che “tutte le scuole, anche quelle friulane, e i loro dirigenti scolastici, dovranno rispettare (…) la prassi corretta, cioè che ci sia una preventiva presentazione del piano dell’offerta formativa, che ci sia un’espressione di consapevolezza e di diritto e dovere di accedere a queste iniziative in maniera facoltativa”.
Ma proprio in questi giorni, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare sul caso del liceo Giulio Cesare di Roma (dove agli alunni fu proposto il libro “Sei come sei” della Mazzucco che descrive un rapporto orale tra due ragazzi), la Giannini ha affermato che ”Leggere agli alunni un libro che racconta un rapporto omosessuale (…) pure in modo esplicito, non deve far gridare allo scandalo. L’ importante è che la scelta (…) rientri in un progetto didattico realizzato nell’ambito dei principi dell’ autonomia scolastica”.
Ci sembra pertanto non solo comprensibile, ma doveroso – anche di fronte ad affermazioni così gravi – che i genitori oggi vogliano conoscere la procedura corretta da seguire per esercitare “la libertà educativa (legge 59 – 1997 art. 21,9)” in presenza di attività extracurriculari- facoltative non condivise. E che le istituzioni chiariscano ad esempio come si possa coniugare la decisione di proporre contenuti così sensibili al diritto di “priorità nella scelta di educazione da impartire ai propri figli” e al diritto alla “corresponsabilità educativa” previsto dalle “Linee di indirizzo sulla partecipazione dei genitori e corresponsabilità educativa” diramate dal MIUR. L’autonomia scolastica infatti, dovrebbe valorizzare al contempo la libertà di insegnamento dei docenti, la libertà educativa delle famiglie ed il diritto di apprendere degli allievi (art.21,9 legge 59/1997).
Perché, pur senza entrare nel merito dei contenuti (emblematico che la stessa presidenza del Senato in passato non abbia ritenuto ammissibile in aula la lettura del brano proposto invece ad alunni quindicenni), il problema del Giulio Cesare – come quello delle famiglie del Friuli – è che la decisione di proporre questa iniziativa didattica sarebbe avvenuta senza il coinvolgimento dei genitori. Le proteste sollevate dalle famiglie sono dunque il segnale di una modalità troppo spesso carente sui dettagli dei proposte progettuali delle scuole.
Alla voce dei genitori del Friuli si sono presto unite, sempre più numerose, quelle dei nonni, degli amici, dei conoscenti, dei colleghi di lavoro, di tutti coloro, insomma, che nel quotidiano rapporto con le famiglie hanno avvertito l’urgente bisogno di riconoscere ai genitori il «diritto a scegliere il genere di istruzione da impartire ai propri figli» (Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 26).
La raccolta firme per il diritto all’educazione in Friuli Venezia Giulia è un importante esempio di partecipazione democratica dei genitori e parte proprio da qui: dalla presa di coscienza dei cittadini che, di fronte all’attuale sfida educativa, è necessario ribadire che la libertà di educazione è un valore fondamentale che non può essere messo in discussione. L’educazione dei figli spetta alla famiglia e che la scuola, nel legittimo e doveroso esercizio delle proprie competenze in materia di educazione e istruzione, non può in nessun modo trascurare né tantomeno travalicare le prerogative dei genitori come primi educatori dei propri figli.
Di fronte alla complessa realtà sociale e culturale che vivono la famiglia e la scuola in questa fase storica, è indispensabile che i percorsi educativi proposti rispettino la famiglia, tutte le culture e le sensibilità, ogni credo religioso, e la facoltà di scelta dei genitori sui temi educativi sensibili.
Come si può partecipare a questa iniziativa? Semplice: è possibile scaricare l’appello alle famiglie e il modulo per la raccolta firme dal link https://sites.google.com/site/insiemeperildirittoadeducare/ e sui siti delle associazioni promotrici. Dopo aver stampato il modulo, si possono raccogliere le firme e spedirle, per raccomandata o tramite posta elettronica certificata, agli indirizzi indicati.
Il 21 maggio tutte le firme raccolte saranno inviate al Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, ai dirigenti competenti del MIUR e all’Ufficio Scolastico Regionale del Friuli Venezia Giulia, dai quali si attende un riscontro chiaro e immediato, per tutelare i diritti delle famiglie e ripristinare le condizioni per una serena ed efficace collaborazione tra le scuole e le famiglie.
Non solo in Friuli Venezia Giulia auspichiamo. Ma in tutte quelle situazioni in cui «si è aperta una frattura tra famiglia e scuola” e “il patto educativo oggi si è rotto” come ha denunciato Papa Francesco nel documento sulla famiglia (Amoris Laetitia), ribadendo anche che: «La scuola non sostituisce i genitori bensì è ad essi complementare» e «qualsiasi altro collaboratore nel processo educativo deve agire in nome dei genitori, con il loro consenso e, in una certa misura, anche su loro incarico».
Non si intenda quindi questa come una battaglia di retrovia. Di fronte alla complessa sfida educativa – a scuola come a casa – oggi i genitori rilanciano in positivo, scegliendo di partecipare attivamente e propositivamente alla vita della scuola dei propri figli. E per proporre e costruire occorre innanzitutto esserci, ed essere riconosciuti; insieme al grande valore della libertà di educazione.
Ripartiamo da qui.
Articolo pubblicato su la Croce quotidiano