Di seguito vi proponiamo la seconda parte dell’intervista che il dott. Tonino Cantelmi ha rilasciato ad Articolo 26 sul tema della chiusura delle scuole e delle ricadute della Didattica a Distanza su bambini e adolescenti.
Come associazione composta da genitori che collaborano con molti insegnanti, in questi mesi di Didattica a Distanza abbiamo potuto constatare direttamente che i nostri figli hanno bisogno di ritrovarsi negli occhi dei loro insegnanti, di essere da loro riconosciuti. Le informazioni ormai possiamo trovarle ovunque ma è quel rapporto personale che innesca una buona educazione. Di questo ne sentiamo tutti veramente la mancanza.
4. A proposito della Didattica a Distanza (DAD), ci può dare un parere circa la lunghissima permanenza on line dei nostri figli, tenuto conto che, oltre alle lezioni, per molti di loro ci sono anche i compiti e momenti di svago che comportano ancora l’uso dei dispositivi?
I danni che alcuni vogliono ignorare sono su due livelli: quello dell’apprendimento (questa didattica a distanza è troppo improvvisata, carente e superficiale) e quello della socializzazione (la scuola per i bambini e gli adolescenti è una agenzia di socializzazione importante).
Effettivamente abbiamo avuto come l’impressione che si volesse un po’ indorare una pillola molto amara con l’esaltazione generalizzata di questa didattica (a molti sconosciuta prima dell’emergenza) ma confidiamo sulla capacità dei nostri giovani di recuperare in breve tempo. D’altra parte, il tempo sembra scorrere in maniera diversa a seconda dell’età.
5. Sempre parlando di Dad, ha informazioni sulla situazione degli alunni con BES ( Bisogni Educativi Speciali) e DSA ( Disturbi specifici dell’ Apprendimento) e quali ritiene siano le criticità più immediate per loro?
La didattica a distanza ha fatto fuori due coorti di bambini e adolescenti. La prima è quella costituita dai ragazzi appartenenti alle (tante) famiglie in tecno-difficoltà (i dati del Ministero a mio parere sono contestabili) e poi quelli con forme di disabilità, in cui la relazione con un insegnante di sostegno all’interno dei gruppi classe è fondamentale.
Le famiglie stanno reagendo alla situazione nel miglior modo possibile ma sono anche stanche di non vedere una prospettiva chiara e, ovviamente, ognuna ha la sua storia. Ma la cosa certa per tutte è che tutte stanno sentendo la fatica di questa situazione.
6.Cosa direbbe a queste famiglie per aiutarle e sostenerle?
Questa modalità di isolamento e distanziamento sociale non è stata pensata e calibrata sulle famiglie. L’urgenza e l’emergenza hanno schiacciato le tante esigenze delle famiglie e soprattutto dei bambini. Ovviamente, questo è pi enamente comprensibile ed è stato ampiamente accolto. Infatti, le famiglie hanno reagito con una resilienza straordinaria. Chiaramente tutto ciò deve avere un termine, altrimenti il sistema delle famiglie non potrà reggere. Dobbiamo riaprire le scuole: questo è possibile se si pensa ad una organizzazione efficiente ed efficace. Non è impossibile sostenere le necessità di una sicurezza certa con la riapertura delle scuole e del Paese. E’ ovvio: si tratta di decidere dove investire i soldi, quali priorità avere. La scuola è una priorità, come l’educazione e le famiglie. Direi che possiamo essere orgogliosi di come le famiglie italianehanno reagito: ma ora è necessario ripartire, con date certe e una visione di fondo coerente.
Grazie mille per le sue parole, anche se ci farebbe piacere sentire un discorso così anche da parte della politica;ma ci fa piacere essere rincuorati e sostenuti da lei.
7. Pensando proprio alle famiglie, quali sono a suo parere le prime priorità dal punto di vista del benessere psicologico che il Governo dovrebbe valutare e sostenere?
A parte i giusti sostegni economici, la priorità è quella di restituire ai ragazzi la scuola e di investire in essa molto di più perché la scuola italiana faccia il più grande salto di qualità della sua storia. La retorica dell’“andrà tutto bene” è stucchevole: è andata malissimo. Macerie sanitarie ed economiche si associano alle macerie emotive. Ma questo non vuol dire non reagire: se nella ricostruzione ci fosse una visione di società fondata realmente sulla famiglia e sulla scuola, questo restituirebbe senso e significato ad una tragedia che conta troppi morti.
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